Esistere, esistere, esistere!
Esistere e non essere visti. “Il fatto” di esistere e non ricevere lo sguardo di nessuno. Non esistere per nessuno fa male. E questa non è una novità.
Ragazzi provenienti da famiglie immigrate, periferiche, escluse, o anche ragazzi che semplicemente non hanno avuto occasione di appartenere a gruppi identitari per i più svariati motivi, vivono la realtà di non appartenere a nessuno: non gruppi sportivi, non gruppi di amici, non oratori, non gruppi di studio, non gruppi di attività sociale o culturale, non appartenenza alla scuola.
Il bisogno di appartenere - ad una patria, ad una famiglia, ad un gruppo musicale, politico, religioso, sportivo, ecc., è forte come il sangue. I sociologi, come gli psicologi, ce lo spiegano molto bene. E quando non apparteniamo a nessuno, non sappiamo chi siamo.
La fine di questa strada ci fa incontrare il nudo sentimento di non esistere per nessuno. E di fronte a questo ci sono due vie possibili: annichilirsi, lasciarsi andare, morire come nel mezzo di una steppa dove ci si è stancati di cercare la strada per una città in cui abitare, o trovare violentemente il modo di esistere ed essere visti.
Ecco la violenza, il fare notizia, il rompere la cortina di ghiaccio dell’inesistenza e dell’indifferenza. E finalmente essere visti, guardati, e infine anche temuti: quale piacere immenso, quale senso di potenza quello di esistere così tanto violentemente da essere temuti! “Se hai paura di me, riconosci che io ci sono, che esisto. Esisto talmente tanto che ti travolgo senza che tu mi possa resistere! E' questa l’ora in cui mi prendo ciò che voglio!”.
Ritengo possa essere questa la logica perversa, seppur motivata da un disperato bisogno autentico, che sta alla base dei fenomeni criminali delle Baby Gang.
Che fare quindi? Come Istituzioni e come individui non possiamo non prendere atto di questo profondo disagio e dare una risposta al bisogno di esistere, di essere riconosciuti e di appartenere. Credo che le parole magiche siano riconoscere e includere: dare dignità ad ogni giovane, invitandolo, così com’è, a partecipare!
Ma a che cosa? Alla vita inclusiva e comunitaria di qualsiasi gruppo che lo accolga e gli proponga i valori più grandi e più belli: condividere, fare progetti insieme, occuparsi gli uni degli altri, avere dei sogni comuni da realizzare. E’ solo questo che ci dà identità e che ci fa provare il gusto bello e realizzante di una vita piena!
Coinvolgiamoci dunque, anche individualmente! Diamo vita a gruppi sportivi e andiamo a cercare i ragazzi, riapriamo gli oratori, organizziamo gite con tutto il paese, impegnamoci in un progetto di volontariato, insegnamo la musica e mettiamoci a cantare nelle piazze!
Che tutti i giovani e i meno giovani si sentano graditi, accolti, utili, partecipi, che ognuno si senta parte indispensabile di qualcosa di più grande che dà senso al proprio esistere!